Osservazioni sui ritrovamenti dei piastrini di riconoscimento in Russia

Premetto che l'articolo che seguente si riferisce al ritrovamento di piastrini di riconoscimento in dotazione a tutti i militari nelle zone di operazioni di guerra in Russia.

di Edoardo Chiappafreddo

Le piastrine di riconoscimento, mod.32, erano composte da due lamine metalliche combacianti, che recavano stampate (stampaggio della lamina metallica per mezzo di uno strumento che, mediante pressione, imprimeva il singolo carattere, inciso sul metallo), oltre alla matricola militare, i dati anagrafici del soggetto (nome, cognome, data di nascita, paternità, maternità, luogo di nascita); lo scopo di tali piastrine ufficiali era quello di rendere individuabili i resti del caduto; al momento della constatazione del decesso, il testimone (un ufficiale, un commilitone…) separava le due lamine lasciandone una sul  corpo del caduto; l'altra lamina serviva come testimonianza dell'avvenuto decesso. Per approfondimenti vedi I Piastrini di Riconoscimento Italiani dal 1892 al 1945 cliccando qui.

Abbiamo condotto delle accurate analisi, negli anni passati a partire dal 2014, sul fenomeno del ritrovamento di piastrini di riconoscimento italiani in Russia, da parte di cittadini russi in varie circostanze; le nostre analisi si basano su testimonianze dirette (sia riferite da reduci, sia da coloro che hanno assistito, in varie occasioni, al recupero dei resti dei militari caduti dalle fosse comuni giacenti nelle zone di combattimento) sia da quanto rilevabile dalla letteratura prodotta dai reduci scrittori, sia infine dalle stesse affermazioni dei recuperanti o ricercatori russi e sono state ulteriormente suffragate dalla attenta osservazione dello stato di conservazione e di altre caratteristiche condotte su un numero elevato di piastrine i cui dati impressi, correlati con quanto disponibile dalla banche dati ufficiali (Ministero della Difesa), hanno consentito di rilevare una mole significativa di informazioni.

La stragrande maggioranza delle piastrine che sono osservabili, anche nella presente pagina, come reperti posti a testimonianza delle vicende in cui furono coinvolti i protagonisti, sono quelle recuperate nelle zone dei combattimenti riferiti alle date dei mesi finali dell'anno 1942, primi mesi del '43, quando le unità italiane vennero coinvolte dall'attacco russo "piccolo saturno" e costrette alla ritirata dal fronte che avevano tenuto lungo il medio Don; sono, quindi, quelle vicende che ebbero una connotazione particolarmente drammatica per coloro che ne furono coinvolti.

Ciò premesso le nostre conclusioni sono state che, con una certa frequenza, i militari italiani abbandonavano volontariamente la loro piastrina e che tale fenomeno è da riscontrare quasi esclusivamente nelle fasi drammatiche delle operazioni militari a cui si è fatto cenno sopra; mentre è evidente come tale circostanza non abbia assunto un carattere universale (si ha notizia di tanti soldati ed ufficiali che conservarono la propria piastrina) nel fenomeno della dispersione delle piastrine in tali zone, l'abbandono volontario della stessa si aggiunge alla naturale dispersione di questi oggetti (perdita, dimenticanza) che è possibile rilevare in tutti i campi di battaglia del mondo sotto le più varie condizioni e da parte di ogni esercito, come pure è documentato il caso che le piastrine vennero, in alcuni casi, sottratte ai militari, al momento della loro cattura, dai partigiani russi o da soldati dell'esercito russo regolare che, a loro volta, possono aver disperso tali oggetti sul terreno.

Da notare come, la particolare insorgenza del fenomeno di recupero dei piastrini (come del resto di altri reperti vari) sia stato favorito, negli ultimi tempi, rispetto ai decenni precedenti, dalla disponibilità di apparecchiature elettroniche di ricerca, metal detector, in grado di segnalare la presenza di elementi metallici disposti, nel terreno, anche sotto alcuni centimetri dalla superficie.

 

Probabile fossa comune in Arbsovka, Archivio E. Chiappafreddo.

Sarebbe da escludere, almeno come elemento di massima, per i motivi seguenti, che il recupero dei piastrini identificativi oggetto di questa analisi, sia avvenuta dallo scavo di sepolture o di fosse comuni sempre relative alle fasi delle vicende militari che videro le unta’ italiane in ritirata. Tali motivi di esclusione possono essere elencati come:
a) lo stato del materiale osservabili nelle piastrine; benchè tale materiale, come si é sopra riferito, presenti caratteristiche di resistenza alla corrosione ed alla ossidazione, esso non è compatibile con una giacenza di decenni in un ambiente ostile come quello di una sepoltura; a sostegno di tale affermazione si possono osservare le immagini di piastrine recentemente recuperate, in fosse comuni, sui resti. Invece, conformemente alle dichiarazioni dei cercatori russi, tale stato è compatibile con il recupero in cumuli di materiale abbandonato o anche, come spesso riscontrato, nella cenere restante dall’ incendio di tali cumuli o direttamente verificatosi durante le operazioni o negli anni successivi.
b) la bassissima frequenza con la quale è stata riscontrata la presenza della piastrina di riconoscimento sui resti riesumati dalle fosse comuni; anche i recenti lavori di recupero condotti a Kirov (svolti dall'Italian Recovery Team esempio di ritrovamento foto sotto) documenta come tale frequenza sia in accordo con quella riscontrata per circostanze analoghe e che è riferibile in qualche per cento (solo 4-5% dei resti individuati nelle fosse comuni risulta dotata del piastrino di riconoscimento).
c) l'alta percentuale (fino al 50%) di nominativi non riconducibili a caduti o dispersi (presumibilmente reduci) presenti nelle piastrine comunemente osservabili e disponibili.

 

A proposito di quanto riportato in b) è assolutamente plausibile quanto rilevato da cercatori russi circa le circostanze relative alla deposizione dei corpi dei caduti nelle fosse comuni, almeno in alcune delle zone citate, e che motiva ulteriormente la bassa frequenza con cui si è riscontrata la presenza del piastrino sui resti; tale deposizione sarebbe avvenuta in periodi distanti dalla battaglia, e ad opera di civili i quali avrebbero manipolato in qualche modo tali resti, eventualmente asportando il piastrino.

Per quanto riguarda le motivazioni che avrebbero spinto, nelle circostanze critiche già descritte, i soldati italiani a disfarsi della piastrina di riconoscimento sono state fatte, sempre in base alle testimonianze di cui sopra, ed agli indizi osservati, le seguenti ipotesi le quali, all’ interno   anche dello stesso gruppo di militari, possono eventualmente essere coesistite; a) i soldati possono avere gettato la piastrina per uno stato emotivo negativo (ansia, disperazione, paura…). b) come segno di sfida e di orgoglio in contrapposizione alla sorte che incombeva su di loro c) per imitazione e solidarietà con i propri ufficiali; sugli ufficiali, occorre ricordare, premevano due esigenze relative sia alle implicazioni personali conseguenti alla cattura da parte del nemico sia di tipo tattico per ciò che riguarda la fornitura, anche indiretta, di informazioni conseguenti al riconoscimento del proprio grado militare e specializzazione. Per tali esigenze si ha notizia che gli ufficiali si disfacevano, in prossimità della cattura o della distruzione dell’unità da parte del nemico, di quanto potesse farli riconoscere come tali, gradi, mostrine, documenti ed, appunto, la piastrina di riconoscimento che riportava, in determinati casi, il rango di ufficiale; l’esame di una particolare piastrina appartenuta ad un capitano, poi catturato ad Arbsovka ed in seguito rimpatriato in Italia mostra chiaramente il tentativo di distruzione di essa effettuato separando  la piastrina  nelle due lamine componenti (di cui una, appunto, recuperata) e dalla piegatura della stessa, azione che, evidentemente, può  essere stata imputata  al titolare che l’avrebbe praticata nel tentativo di distruggerla.

Foto di Arbsovka, Archivio E. Chiappafreddo.

Una conferma di tali ipotesi ci perviene dalla testimonianza del nostro corrispondente russo il quale ha osservato, in occasione del recupero di resti di soldati russi, in alcuni casi, che la capsula nella quale era contenuta la piastrina era risultata vuota; con tale gesto, evidentemente, anche i soldati russi che vivevano come attaccanti la battaglia contro gli italiani, avevano inteso sfidare la sorte.

Ancora tra le testimonianze significative raccolte e riportate sta quella attribuita ad Eugenio Corti che ebbe a dichiarare, in occasione di un suo viaggio sui luoghi degli avvenimenti, ai nostri corrispondenti russi, che egli aveva sepolto nel terreno la sua piastrina ad Arbusovka insieme al diario e ad immagini religiose che recava con se.

 

Foto reperti rinvenuti da ricercatori russi.

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