Destinazione: Zona di Guerra

Un servizio essenziale per non perdere la speranza, anche in tempi di guerra.

In Italia la posta militare è come un fronte oscuro, a dispetto della sua importanza. Mette le sue radici qualche tempo prima dello scoppio della Grande Guerra, nel 1913, tramite apposito Regio Decreto. Poco prima della dichiarazione di guerra all'impero austro-ungarico l'assetto viene completamente rivisto e diviene definitivo. Funziona con particolare efficacia nel corso della Prima Guerra Mondiale.

Posta Militare Censura Varese

Raramente evidenziato, a dispetto delle atrocità e degli aspetti negativi della guerra, il servizio può dirsi "completo": non a caso si occupa di tutte le fasi della corrispondenza, dallo smistamento alla consegna, passando per la gestione, garantendo una comunicazione impensabile per l'epoca. Per questo l'organizzazione si appoggia ad una rete di uffici postali sul territorio italiano, con Bologna scelto fin dal principio come ufficio di concentramento per la spedizione dall'Italia verso i reparti militari al fronte, e Treviso per la tratta inversa, dal soldato al fronte ai propri cari in Italia (dopo Caporetto la sede di Treviso viene chiusa e Bologna prende in carico anche la corrispondenza "in arrivo"). Il servizio si regge però anche su una serie di uffici secondari dislocati su tutto il suolo italiano, attivi principalmente nelle grandi città (Napoli, Bari, Taranto, Genova, Milano). Inoltre l'organizzazione non esclude nessun genere di corrispondenza. Pacchi, biglietti, cartoline, lettere. Insomma, qualsiasi oggetto riuscisse a mantenere il legame tra gli italiani all'assalto e qualcuno in pensiero per loro, a migliaia di chilometri di distanza. Il funzionamento è piuttosto semplice, basta infatti indicare, all'atto della spedizione, nome e cognome del destinatario, con la precisazione di grado, qualifica e unità di appartenenza; allo stesso tempo i soldati possono spedire in franchigia gratuitamente, tramite le cartoline dell'esercito.

Quanto alle missive, queste sono sottoposte da subito ai rigidi controlli imposti dalla censura militare prima della spedizione in zona di guerra, per scongiurare l'ipotesi di fughe involontarie di notizie intercettabili dai nemici. In ogni caso, va detto che il motivo della distruzione spesso va aldilà dei riferimenti geografici potenzialmente utili al nemico, tanto è vero che non sono rari i casi di missive spedite con diverse parti cancellate per frasi inopportune e disfattiste.

L'efficienza della posta militare è comprovata dai numeri: per avere un'idea, durante la Guerra è di circa 880 impiegati la punta massima del personale "arruolato" per il servizio, e di 370 quella degli agenti. Costoro vengono inquadrati come civili e addestrati per rendere al meglio da subito. E a proposito di cifre, a fine guerra è di oltre un miliardo e mezzo il numero di corrispondenze spedite al fronte, e di oltre due miliardi quelle inviate verso l'Italia. Una volta terminata la guerra il servizio viene smobilitato ufficialmente nel 1923. 

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